Uditori della parola
"Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?" (Mc 3,33).
Nella redazione di Marco. la decisione della madre e dei fratelli di mettersi in cammino per andare dove si trova Gesù, è più che logica. Sono giunte delle voci allarmanti: il vostro parente è impazzito (Mc 3,21). Maria si è trovata accanto un figlio non ribelle, ma indipendente e la sua indipendenza è stata precoce, si manifesta all'apertura sull'adolescenza (12 anni, annota Luca). Quel momento che Freud definisce come rottura dal complesso familiare, spesso marcato da episodi di ribellione, dichiarazioni di rifiuto, rottura di un tempo di fiducia e di tenerezza. Comincia a farsi sentire lo stimolo di una scadenza, la scadenza di fare una scelta.
La risposta che Gesù adolescente dà ai genitori, risente di una certa protesta. Nelle omelie non deve risultare, perché spesso i predicatori sanno di santità e di perfezione solo attraverso letture. I profeti hanno recalcitrato sempre, è il segno dell'autenticità. Un bambino educato avrebbe dovuto scusarsi di aver dato tanta pena a papà e mamma. Gesù risponde seccamente. "Perché mi cercate?" Non sapete... non sapete che? Che io sono sotto il torchio implacabile di dover fare una scelta. Certo, "occuparmi delle cose del Padre mio", è piacevole, è una grazia. Chi l'ha detto? Il predicatore del ritiro perché aveva in tasca la scelta già pronta. Ma vi tradisce perché confonde Chiesa, o piuttosto parrocchia, con Regno, non distingue con chiarezza il dono di sé, la rinunzia al progetto egoista e individualista, dal servizio nella catechesi, o nel culto, o nell'amministrazione. VI ricordate Teorema, il film di Pasolini? E' un film vocazionale. Mi piace ricordare la storia di questo film perché vi presi parte. La commissione cattolica decise di premiarlo, aveva capito. In un secondo momento decise di condannarlo; è un film sexy. I vostri figli adolescenti non nascondono l'urgenza di rispondere a una vocazione, di fare una scelta nelle multiformi risorse del sesso? E a Gesù nel tempio viene imposto di occuparsi delle cose del Padre che non lo portano alla decisione di restare lì per formarsi come dottore della legge, anzi sono cose piuttosto sgradite al tempio, tanto che si creerà una inimicizia irriconciliabile. La società tecnologica e neoliberista ha come obiettivo di togliere la libertà di scegliere e trova il terreno preparato perché tutti noi infondo desideriamo evitare la fatica e il rischio della scelta. Non si sceglie più né il partito, né il lavoro, né il partner nell'amore, né la religione e per questo tutto è provvisorio, scollato, posto sulla rena e non fondato sulla roccia. E la religiosità, così diffusa e così vistosamente esteriorizzata, è su questa linea. E ha come motivo dominante la confusione fra il tempio e il Regno che Gesù ha così marcatamente e polemicamente separato da aprirsi il cammino alla croce. Questa confusione è la causa principale di un laicato clericalizzato e irresponsabile. "Le cose del Padre mio" non sono precisamente attività religiose e servizio all'altare, ma sono quelle che il vecchio Simeone ha atteso tutta la sua lunga vita e ha profeticamente colto nel progetto di Gesù: "la liberazione d'Israele" (Le 2,25) che è un fatto politico; il fattore religioso vi appare piuttosto come fattore di oppressione. Leggendo i vangeli, specialmente Marco, vediamo Gesù assumere e seguire la polemica contro il tempio e tutto lo staff, non da una cattedra, ma mettendo allo scoperto le contraddizioni nei casi concreti, umani che gli vengono incontro. La polemica contro l'interpretazione del sabato nasce in mezzo al campo di grano quando i discepoli vengono criticati per strappare le spighe. Nasce nel tempio di fronte al paralitico che, guarito, si mette il suo giaciglio sulle spalle per portarselo a casa. Il Regno esige una scelta perché non è un progetto da eseguire, è una situazione di schiavitù da liberare. E bisogna scoprire le forme di schiavitù e inventare le strategie della liberazione. t più comodo passeggiare per i giardini curati dalle buone suore e lasciarsi cullare dalle melodie dei canti carismatici.
Nei miei contatti con le riunioni laicali ispirate alla spiritualità dei movimenti, ho notato esplosioni di affettività, profusioni di baci e abbracci, che non trovo condannabili, tutt'altro. Ma lo Spirito mi suggerisce sempre le parole di Gesù: "Se amate quelli che vi amano che merito avete? Anche i peccatori fanno lo stesso". Queste parole di Gesù ricevono oggi un senso particolare dopo le indagini molto acute del filosofo Lévinas su le même (lo stesso) e l'altro. E sono tentato di concludere che l'attuale spiritualità è priva della dimensione dell'altro. La formazione ecclesiocentrica è centrata su le même, e infondo esclude l'altro, non lo accoglie come altro. Fermiamoci sulla scena che Marco, il più semplice e diretto degli evangelisti, coglie nei suoi particolari: "Gesù girando lo sguardo intorno (peri nel testo greco) dichiara: "questa è la mia famiglia, quelli che fanno la volontà del Padre"". Da buon ebreo non dice quelli che amano; ma che fanno quello che vuole il Padre. E il Padre vuole "la salvezza d'Israele", cioè che questo popolo, deformato dalle molte tirannie, diventi il vero popolo di Dio nella giustizia, nella libertà, nell'uguaglianza, nella pace. Le volontà quotidiane e individuali devono essere coordinate e dirette a fare l'unica volontà del Padre e in questa obbedienza, in questa unità dinamica, Gesù riconosce la sua famiglia.
Arturo Paoli Piccolo fratello del Vangelo